martedì 21 dicembre 2010

Manuale del perfetto rivoluzionario moderno

La vita è strana. Cambia talmente in fretta che tutte le tue convinzioni e tutto ciò che hai imparato e che credevi fosse abbastanza semplice, dopo un paio di decenni risulta tutto più complicato. Se un tempo i rivoluzionari, si potevano identificare in signori con la barba e il sigaro, ragazzi con la barba delle brigate negli anni di piombo, generali cileni che amano la tortura, allegri serbi, rivoluzionari francesi adesso tutto è cambiato: la barba non c’è più, in compenso ti puoi presentare con un bel completo elegante, capelli biondissimi e un passato da hacker. In passato per essere considerato dovevi far saltare in aria qualcosa e uccidere un numero considerevole di persone, adesso sono sufficienti internet e due pettegolezzi diplomatici. Il mondo è cambiato. Julian Assange, per quanto distante dai suoi predecessori, è un rivoluzionario. Come tale cerca di distruggere il sistema odierno per introdurne uno nuovo. Sogna una vera e propria democrazia dove è imposta la trasparenza a tutti i livelli, una società libera dalle falsità che ci propongono i nostri alti gerarchi che ci tengono all’oscuro di tutto ignorando gli interessi del popolo. Una nobile causa di sicuro, ma totalmente utopica, sia per gli ideali sia per come è stata configurata. L’australiano ha fatto l’errore che commettono in molti: mosso da ideali politici più che da una visione più alta, si è schierato. Ha preso una direzione e punta il suo “nemico”, la più grande nazione dei nostri tempi, lo Zio Sam. La libertà e la trasparenza non hanno colori politici o fazioni. Migliore sarebbe stata una organizzazione non governativa internazionale e indipendente, che cerca di sensibilizzare e trasformare dall’interno il “sistema” piuttosto che distruggerlo. Non è sicuramente pubblicando le chiacchere dei diplomatici che aiuti la democrazia. Le democrazie moderne sono instabili proprio per le pressioni che ricevono: quando si scoprono documenti top secret i danni sono maggiori ai benefici se rapportati agli errori di una operazione tenuta nascosta. Al contempo però, è giusto che sia data notizia di un fatto realmente grave i cui effetti risultano essere devastanti. La verità e la trasparenza a tutti i costi sono un peso insostenibile per qualsiasi forma di governo. E inconsciamente lo sa anche Assange: nonostante la sua nobile visione anche l’australiano tiene segrete molte informazioni: i suoi informatori, i suoi collaboratori, i meccanismi di difesa del sito. Un po’ ipocrita da parte sua? No, è del tutto normale che anch’egli tenga un velo di mistero; chi mai potrebbe aiutare Wikileaks se poi lo stesso Assange rendesse noto il suo informatore? Se questo vale per un organizzazione così piccola come è Wikileaks, sicuramente vale ancora di più per uno Stato democratico.

domenica 19 dicembre 2010

Il profumo di un libro


Finalmente esiste un modo per rendere tutto più facile, più semplice, più comodo. Il grande problema che ci attanaglia tutti sul peso e lo spazio nelle valigie è stato risolto da un semplice oggetto. Nella mia letterina a Babbo Natale ci sarà solo una parola, una di quelle che ben presto sarà inserita in tutti i dizionari: e-book. Quante volte abbiamo tribolato per far stare qualche romanzo in più nella nostra valigia prima di un viaggio, e scegliere una raccolta di racconti di Hemingway o l’ultimo di Philip Roth al posto di un maglione, patendo poi il freddo? Con questo nuovo gadget, non solo non soffriremo più il freddo nelle brevi ma intense vacanze invernali, bensì potremo comunque leggere tutti i romanzi che vogliamo. Decine, centinaia di libri in pochi centimetri di spessore! Sembra un sogno. Anche i problemi in casa verranno risolti, mensole, luci, niente più problemi. Mi ci vedo già sull’aereo con il mio nuovo e-book sulle gambe, con la valigia piena di maglioni che eviteranno di farmi ammalare, e abbastanza spazio da riempire con regali. E poi tutte le altre qualità di questo magnifico oggetto. Niente più tagli causati da fogli di carta appuntiti (oltre 6 milioni di persone ogni anno perdono sangue per colpa dei libri), o problemi di segnalibri, piegature di pagine, sbavature di inchiostro che rendono impossibile la lettura. Riesco ad immaginarmi un mondo dove l’orribile libro cartaceo, scomodo, pesante, fastidioso, verrà semplicemente sostituito da quello elettronico. Assenza di librerie e biblioteche, di quell’odore terribile che ci scuote quando entriamo in una libreria, l’odore di stampa di quelli appena nati mescolata con il sentore di quelli invecchiati su qualche mensola. Di un libro conta solo il contenuto dicono, non bisogna curarsi della parte materiale, la sensazione di ruvida carta grigia quando si sfogliano le pagine, il chiudere un libro per l’ultima volta, guardarlo, rigirarselo tra le mani, annusarlo, ah, l’odore di un libro. Beh, forse queste vacanze mi porterò un maglione in meno e mi prenderò il raffreddore.

domenica 12 dicembre 2010

Perchè non ci sentiamo rappresentati dai nostri politici?

E' semplice, perché non siamo rappresentati!
La nostra forma elettorale penalizza molto il legame che ci dovrebbe essere tra elettori ed eletti. Per l'elezione del Parlamento dobbiamo solo scegliere il partito che ci raffigura, ma NON il politico che ci rappresenta. Infatti è il partito che poi deciderà a chi dare la poltrona nelle camere, quindi risulta logico che i parlamentari siano grati al proprio circolo, ascoltando le esigenze del partito e non dell'elettore. Non tengono conto delle esigenze degli italiani perché il "merito" della loro posizione è dovuto ad altre persone: al segretario e agli alti vertici della propria fazione.
Cosa succede invece in Germania o negli Stati Uniti? tutto il contrario. Nonostante dall'altra parte dell'Oceano Atlantico abbiano problemi di lobbying e uno strapotere da parte di Wall Street, questo legame fra politico e cittadino è molto più forte: innanzitutto, nelle schede elettorali il cittadino americano deve solo scegliere (non è una preferenza) il candidato alla camera dei rappresentanti;secondariamente, i rappresentanti vengono votati ogni due anni. Quindi il politico deve contare sulle proprie forze, ascoltando gli elettori, cercando di capire cosa vogliono. Nessun partito può offrirgli una poltrona nel parlamento, sono in continua campagna elettorale. Gli elettori americani sanno quale è il loro rappresentante in Parlamento...e voi?
Inoltre occorre precisare che non si deve sempre e solo criticare i nostri politici ,anzi, sono stati fatti molti passi avanti: ad esempio nell'era democristiana si votava solo il partito, e all'interno di questo si decideva il Presidente del Consiglio, ora per fortuna prima di votare una coalizione sappiamo già quale sarà il nostro futuro leader; un altro esempio, è il ruolo delle primarie per decidere un capofila nei partiti (le primarie però dovrebbero essere votate dagli elettori e non dai politici)
Certo una nuova riforma elettorale farebbe comodo. Purtroppo la nostra classe dirigente sbaglia ancora, infatti si sente parlare di copiare la forma elettorale tedesca o francese. Sarebbe molto meglio crearne una totalmente nuova, che calzi a pennello per l'Italia, una che sia innovativa e che non ricicli i concetti degli altri paesi, qualcosa più consono alle nostre caratteristiche e non a quelle degli altri. Anche perché gli altri modelli elettorali già producono difetti nei loro territori, figurarsi nel nostro con un politica così complessa.
Quindi da dove partire?
Come già detto, questo problema è da ritrovare nel fortissimo potere che hanno i partiti in Italia. Votare alle elezioni l'individuo e non il collettivo, può essere un buon metodo per evitare giochi di potere fra i politici. Sicuramente questo dovrebbe essere il primo passo per una riforma seria.

giovedì 9 dicembre 2010

Bar Sport 3000

“Facebook è una piazza virtuale per presentare e difendere le proprie idee, soprattutto quando si accende il confronto politico” 
               Silvio Berlusconi


Facebook, Facebook, Facebook. Non solo è la parola più google-ata dell’anno, ma sta diventando anche una delle più citate nei discorsi tra amici, negli articoli giornalistici e nelle platee politiche,  una malattia incurabile che ormai ha contagiato tutti ( In Italia poi abbiamo il triste primato di essere quelli che nel mondo ci passano più ore giornaliere). Negli ultimi due anni il celeberrimo social network è diventato la più grande piattaforma politica di tutti i tempi, dove addirittura il Presidente degli Stati Uniti ha una pagina ufficiale costantemente attiva. Facebook non è più il salotto di amici che si tengono in contatto, si scambiano opinioni ed organizzano i fine settimana. Al contrario la creazione di Mark Zuckerberg  è diventata la nuova piazza italiana, si urla, si lanciano insulti e ci si schiera. È la nuova culla del razzismo, della xenofobia più becera e nuda, degli elogi ai peggiori dittatori europei del passato. E mentre nelle prime piattaforme online si entrava con nicknames, fantasmi, spettri dietro cui si poteva nascondere chiunque, e quindi un’identità alternativa, adesso tutto è cambiato. Adesso siamo lì con le nostre foto dell’ultima vacanza a Barcellona, a palesare il fatto che adoriamo l’Estathè e i Pan Di Stelle, o che preferiamo il pandoro al panettone, che ci piace stare ore sotto la doccia, che è meglio che Cassano se ne sia andato, tanto noi stiamo col presidente, e che le frasi di Fabio Volo  sembrano scritte apposta per noi... Probabilmente questa ostentazione di far sapere tutto di noi deriva anche da una mancanza di contatto visivo con l'interlocutore; parlare a quattrocchi con una persona, interloquire, toccarla o semplicemente articolare una frase, ci crea delle inibizioni perchè si ha paura della reazione dalla parte opposta,  e molte volte siamo costretti a dare ragione ad una persona solo perchè non vogliamo deluderla o evitare reazioni spiacevoli. Tutto questo su facebook manca, mancano i nostri freni inibitori che ci fanno essere più razionali,  e senza questi vomitiamo tutto quello che ci passa per la mente senza pensare che probabilmente deriva da una passione momentanea. Non è più mostrare le proprie opinioni ad amici e conoscenti, è un lanciare in faccia agli altri tutta la nostra vita privata, tutti i nostri vizi e gusti, le nostre idee, confuse e discordanti come non mai,  è diventata la chiacchiera sul piazzale della Chiesa alla fine della messa la domenica mattina, Facebook, da elitario e moderno, è diventata la nuova piazza del mercato, il Bar Sport del terzo millennio.

mercoledì 8 dicembre 2010

La breve vita delle Riforme Scolastiche


Questa è una breve visione della riforma scolastica che non è incentrata sui colori politici, su cosa è giusto su cosa è sbagliato, su cosa tagliare o meno. È un analisi che non troverete nei Tg o che vi diranno i vostri politici. È un’indagine che va al di là di cosa si dovrebbe fare per migliorare l’istruzione. È un‘osservazione sul perché non potrà mai funzionare una riforma scolastica in Italia, fatta da qualsiasi colore politico.
La riforma scolastica è una politica a lungo termine, i risultati si vedranno quando ormai il governo sarà già cambiato. Un difetto delle democrazie moderne è il non curarsi di queste politiche, ma concentrarsi più su dei progetti a breve termine, per raccogliere più voti possibili, per una futura rielezione. Il mostrare di fare, ancora una volta, è più importante del fare davvero.
Questo difetto diventa ancora più gigantesco nella politica italiana, dove esiste uno polarizzazione ben più accentuata, fra destra e sinistra, rispetto, per esempio, alla politica Americana o Inglese. I nostri due partiti maggioritari hanno due visioni differenti di come costruire lo Stato. Queste prospettive così lontane fra loro fanno si che le riforme scolastiche in Italia (come tutti i progetti a lungo termine) non possano funzionare; ad ogni cambio di governo, ci sarà sempre una nuova riforma, senza aver dato la possibilità alla precedente di raccogliere i primi risultati. Il nuovo governo considererà inaccettabile le posizioni del precedente, infatti ogni nuovo governo, dal 2001 in avanti, ha sempre attuato, o cercato di attuare, una nuova riforma (2001/2006/2010). Quando si cambia progetto risulta palese che l’istruzione si blocca, come se, tirando le somme, nessuno avesse progettato un futuro. Non c’è più tempo per ricominciare ma solo per prendere ciò che di buono c’è nel ‘vecchio’ sistema scolastico italiano e aggiustarlo.
Leggendo queste riforme, perché poi sono un po’ tutte uguali, senza una vera visione univoca dietro, si nota come le uniche cose ad essere cambiate sono i dettagli, e non le cose essenziali. Questo succede sempre per il solito motivo, i cambiamenti più importanti richiedono molti soldi, soldi che i governi democratici moderni sono più propensi a investire su politiche a breve termine, ed in un periodo di crisi, chi ha bisogno della cultura? Tanto poi succede qualcos’altro su cui puntare gli occhi e della riforma scolastica non importa più a nessuno…

martedì 7 dicembre 2010

Benvenuti!


Epicuro scrisse a Pitocle una lettera, in risposta ad una richiesta di poter, in qualche modo, riassumere il suo pensiero e quelli di altri e poter quindi comprendere meglio “i ragionamenti che tendono ad una vita beata”. L’idea di questo blog è nata proprio dalla necessità di analizzare temi politici, sociali e culturali, di confrontarsi su i più vari argomenti, staccandosi, primo dalle diverse ideologie politiche che ancora oggi ci tengono incatenati a prospettive a senso unico, ed in secondo luogo, allontanarsi dal clima di indifferenza che ormai ci circonda tutti. Non vi è dietro alcun partito o colore politico, ma una prospettiva più obiettiva che si distacca dalle passioni correntistiche.