giovedì 13 gennaio 2011

Obama si, Obama no, Obama forse


Quando nella notte del 4 dicembre 2008 i due stati in bilico, Ohio e Florida, conquistati da Bush nel 2004, sono stati colorati di blu, il popolo democratico americano ha iniziato a festeggiare. “Con questa elezione il cambiamento è arrivato in America”, sono state le prime parole di Barack Hussein Obama, ‘Cambiamento’, ‘Change’, la parola d’ordine di tutta la sua campagna elettorale. L’uomo più importante del mondo, il simbolo dell’occidente, era, per la prima volta, un afroamericano. Si è parlato di compimento del sogno americano nel suo senso più alto. Le impopolari riforme ed interventi militari dell’amministrazione precedente hanno sicuramente giovato alla buona immagine del presidente eletto, rendendolo il nuovo simbolo di rinascita democratica, il presidente di internet e dei giovani, l’uomo della provvidenza. Ma quanto ha fatto il volto nuovo dell’America da quando, ormai due anni fa, è stato eletto? 
Non è facile darsi una risposta, e ancora più complicato è poter valutare un presidente ancora in carica, ma è possibile tracciare un bilancio dei fatti compiuti fino ad adesso. Nessun giudizio di valore quindi, ma un semplice e approssimato calcolo di ciò che finora l’amministrazione democratica di Obama è riuscita a condurre in porto. Sono 500 quelle che, estratte da discorsi, interviste, commenti e dichiarazioni in campagna elettorale, vengono considerate ‘promesse’, soprattutto da parte della stampa antagonista, dell’elettorato Repubblicano e della sua frangia antigovernativa, il neonato movimento del ‘Tea Party’. É naturale che si possa discutere sul numero in questione, ma queste promesse rimangono inevitabilmente molte. Proverò ad elencare quelle che forse sono state le più clamorose di fronte agli occhi sognanti del mondo in delirio per l’Obama-mania, o i cui risultati hanno, o avrebbero, più risonanza a livello internazionale:
-         La chiusura della prigione per terroristi di Guantanamo Bay (bloccata)
-         La fine dell’uso della tortura (in progresso)
-         Assicurare i confini dall’immigrazione e difenderli dal terrorismo (in progresso)
-         Stanziamento di 45 miliardi di dollari per gli investimenti nel settore delle fonti energetiche alternative  (in progresso)
-         Via i militari dall’Iraq... (promessa mantenuta)
-         ...e più militari in Afghanistan (promessa mantenuta)
-         Riforma sanitaria sul modello del welfare state europeo (compromesso)
Per quanto riguarda la chiusura della base di Guantanamo, il progetto tanto voluto dall’elettorato più liberal che vorrebbe l’attuale amministrazione il più lontano possibile da quella precedente che tanto operò nella base, si è arrivati ad uno stallo, causato dal ‘no’ deciso del Congresso. In ambito di tortura, riguardo alla quale il Presidente è stato categorico nel definirla ‘inumana’, e riguardo al discusso sistema di difesa del territorio da gruppi terroristici organizzati e dall’immigrazione, l’amministrazione è riuscita a fare passi avanti. Lo stesso vale in relazione alle dichiarazioni sulle fonti energetiche: Obama ha già creato quasi 3 milioni di posti di lavoro relativi alle fonti sostenibili ed alternative, i cosiddetti “Green jobs”, con l’obiettivo promesso di arrivare a 5. Non è necessario discutere sulle truppe in Iraq – il presidente è sempre stato contrario all’intervento anche in tempi non sospetti, al contrario della sua ex-rivale alle primarie Hillary Clinton - e tanto meno in Afghanistan. Qualche parola in più è invece da dedicare alla riforma sanitaria; negli ultimi anni è sempre stata imputata la mancanza di un sistema sanitario efficiente e gratuito nel paese simbolo della democrazia occidentale. Un cambiamento in questo senso è stato uno dei cavalli di battaglia dei Democratici durante la campagna elettorale, e si può affermare che un progresso vi è stato: con questa riforma duramente attaccata – tanto da dare del socialista ad Obama -  i minori di 26 anni sono infatti dal 2010 coperti completamente, viene introdotto l’obbligo di stipulare un’assicurazione sanitaria assicurando una copertura del 95% e offrendo dei benefici fiscali, senza i quali molte persone troverebbero difficile permettersi un'assicurazione e le aziende con più di 50 impiegati vengono obbligate a contribuire alla spesa se questa è a carico dei contribuenti. Come ho già detto non si può ancora dare un giudizio di valore sull’operato del “Presidente Nero”, ma si può per certo fare chiarezza su ciò che viene o non viene fatto. Come si dice sempre in questi casi, solo la storia saprà giudicare.


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